Per le caratteristiche isolanti dei materiali qui citati fare riferimento alla sezione: Come calcolare lo spreco.
Con il termine coibentazione si intende l’isolamento termico di una parete che divide due ambienti. Significa cioè aumentare la resistenza termica (o anche diminuire trasmittanza o conduttanza termica) attraverso l’impiego di materiali che presentano una elevata resistenza termica (che dipende anche dal loro spessore), della tecnica di costruzione, dal sistema e dalla esecuzione della posa utilizzata e di alcuni accorgimenti costruttivi.
IL RISANAMENTO ENERGETICO IN TRE PASSI | |
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1 - Ridurre le dispersioni | Attraverso il migliore isolamento termico. Effettuato in buono spessore, correttamente eseguito, con assenza di ponti termici. |
2 - Migliorare l'efficienza | Una bassa dispersione significa meno energia da reintrodurre nell'ambiente da climatizzare. Minor funzionamento ed usura dei dispositivi in questione (caldaie, pompe, cimatizzatori, etc). |
3 - Ottimizzare la gestione | Utilizzare temperature non troppo diverse da quelle esterne (il minor salto termico oltre a ridurre le dispersioni, giova anche alla salute) e climatizzare solo gli ambienti nei quali si soggiorna. Una soluzione grossolana ma efficace: zona giorno e zona notte. Utilizzare termostati o valvole termostatiche. |
Il valore di “conducibilità termica” è un valore caratteristico di ogni materiale, riportato nelle schede tecniche del prodotto e indicato con il simbolo “λ” (Lambda). Tale parametro è espresso in “watt per metro-kelvin” [W/(m·K)] oppure [W·m-1·K-1].
Questo parametro indica quanto un materiale è conduttivo, cioè quanta energia il materiale lascia passare, disperde, in un determinato periodo di tempo.
Per capire meglio l’ordine di grandezza della conducibilità termica, generalizzando facciamo alcuni esempi pratici:
λ = 0,03 [W/(m·K)] Polistirene espanso sinterizzato
λ = 0,04 [W/(m·K)] Isolanti per cappotto
λ = 0,11 [W/(m·K)] Intonaco termoisolante(con perlite, polistirolo…)
λ = 0,13 [W/(m·K)] Legno di conifere
λ = 0,25 [W/(m·K)] Mattone forato porizzato (Poroton)
λ = 0,8 [W/(m·K)] Intonaco in calce
λ = 1,6 [W/(m·K)] Calcestruzzo
λ = 2,3 [W/(m·K)] Cemento armato o muratura in pietra
λ = 60 [W/(m·K)] Acciaio
λ = 200 [W/(m·K)] Alluminio
Conviene sempre coibentare bene, perché pochi cm di isolante (coibente) in più non influenzano in modo significativo il costo totale dell’intervento. Conviene davvero, quindi, farlo bene.
Per dare un idea di quanto materiale usare, in qualsiasi zona di Italia, si potrebbe considerare almeno:
– 8 cm per le mura
– 10cm di cappotto
– 16cm per il tetto
Spesso, tale opportunità viene però sottovalutata, procedendo invece a spanne. “Per questa città bastano 2 o 3 cm”. “Le mura qui sono molto spesse, praticamente non serve”. E così via.
Per farsi un idea, con riferimento ad altri materiali, uno spessore di 10 cm di coibente tipo poliuretano espanso, equivale a:
13 cm di isolamento a cappotto
40 cm di legno
70 cm di mattone forato porizzato (Poroton)
3,8 metri di vetro
5 metri di calcestruzzo
7,5 metri di muratura in pietra o cemento armato
20 metri di Acciaio
Nota: in teoria 10 cm di poliuretano espanso sinterizzato, equivarrebbero anche a 10 cm di aria secca. Ma l’aria innesca un movimento a causa delle differenze di temperatura (moto convettivo), quindi il potere isolante dell’aria si riduce drasticamente, rendendo il sistema dell’intercapedine meno che mediocre, anche se difficilmente calcolabile.
Dai dati di cui sopra, si vede è utile coibentare anche spessori importanti di strutture realizzate in muratura in pietra, cemento armato, o anche di semplici laterizi.
Tra gli accorgimenti costruttivi che si possono incontrare sono da evidenziare i seguenti:
– Intercapedine (lo spazio vuoto tra le pareti interna ed esterna) ridotta. A differenza di quanto adottato in passato, l’ intercapedine vuota presente tra mura esterne ed interne deve essere di ridottissima entità. Va cioè adottata una intercapedine a “lama d’aria” (il termine aiuta a visualizzare la reale consistenza della metodologia). Questo perché una intercapedine di grandi dimensioni peggiora l’isolamento, dal momento che al suo interno si verificano facilmente moti convettivi d’aria che fisicamente trasportano più facilmente il calore da un ambiente all’altro. Meglio quindi uno spessore esiguo, pochi millimetri, che riesca a facilitare lo smaltimento di eventuale umidità ma senza peggiorare l’isolamento termico. Come regola empirica considerare che oltre i 4 centimetri i moti convettivi all’interno delle pareti vengono sensibilmente facilitati. Questo vale anche se tra le pareti è presente uno strato di materiale isolante, anche una piccola interruzione, in presenza di troppa aria libera di circolare, è in grado di peggiorare sensibilmente l’isolamento.
– Ponti termici interrotti. Con il termine “ponte termico” si intende la presenza di una zona che a causa della sua elevata conduttività termica, aumenta le dispersioni termiche tra due ambienti.
Uno dei ponti termici più comuni è costituito dalla presenza di parti di cemento armato non rivestite. Un classico è l’interruzione dello strato isolante (lana di roccia o pannelli di vari materiali) in corrispondenza di colonne o travi in cemento armato. Anche se tale ponte non è in vista, ma è presente all’interno di una intercapedine troppo ampia (vedi sopra), facilita comunque il trasferimento del calore tra gli ambienti.
– Infissi. La superficie delle superfici vetrate è esigua rispetto a quella delle pareti, ma la resistenza termica del vetro è molto più bassa di queste ultime e quindi si può arrivare anche al 50% delle dispersioni attraverso le finestre (vedere sezione infissi).
Gli interventi possono riguardare sia le pareti perimetrali dell’ambiente considerato, sia il tetto, sia il pavimento.
L’isolamento del pavimento è generalmente poco considerato, ma se è quello di ambienti confinanti con locali disabitati o climatizzati, come ad esempio garage, cantine e simili, magari con grosso ricambio di aria e temperatura quindi molto vicina a quella esterna, potrebbe essere una grossa fonte di dispendiosa dispersione. In caso di ultimo piano il problema potrebbe essere nel tetto.
Per isolare termicamente le pareti perimetrali della casa si possono in sintesi adottare 3 metodologie (anche contemporaneamente, specialmente in caso di interventi successivi):
– Isolante applicato esternamente.
– Isolante applicato internamente.
– Isolante applicato all’interno delle pareti (intercapedine).
Esistono anche blocchi da costruzione in materiali particolari (ad esempio il “poroton”) che presentano già di per se un alta resistenza termica, ma qui stiamo citando le metodologie e non il materiali.
Isolante applicato esternamente: Isolamento a Cappotto
Lo strato applicato esternamente, prende il nome di isolamento a “cappotto” (quando è riferito alle pareti). Questo intervento diventa una priorità quando siamo in presenza di strutture concepite e costruite in periodi nei quali i costi dei combustibili era basso e i materiali e le conoscenze scarsi rispetto agli odierni. Le costruzioni di qualche decennio fa, non sempre erano attente alla dispersione e alla formazione di ponti termici. I sistemi oggi a disposizione consentono di risolvere nella globalità queste problematiche, anche agendo su più fronti.
Un intervento esterno si può applicare anche per i tetti, ad esempio lastre da applicare sotto le tegole (diverse metodologie e materiali), ma è improprio il termine cappotto in questi casi. Il sostanziale vantaggio di questa tipologia di intervento rispetto ad uno strato interno è quello dovuto alla creazione di un “volano termico”. Questo significa che tutta la muratura interna al “cappotto” è capace di accumulare energia termica e la sua inerzia termica contribuisce a tenere stabile la temperatura nell’ambiente interno o comunque di evitare variazioni rapide della stessa. Un isolamento applicato sulle pareti interne, ad esempio lastre di polistirolo, non ha inerzia termica, e quindi si viene a creare il cosiddetto “effetto baracca”, dove la temperatura degli ambienti varia in maniera relativamente rapida (ad esempio tra giorno e notte) inficiando il comfort abitativo. Questo, anche se può sembrare strano, non influenza però il consumo energetico che a conti fatti è lo stesso! Il sistema a cappotto per l’isolamento termico può essere utilizzato sia in edifici di nuova costruzione, sia in interventi di restauro. Tale sistema garantisce l’eliminazione totale dei “ponti termici”, ossia di quei punti della struttura in cui si hanno delle vie preferenziali per la dispersione del calore. Può rappresentare inoltre una soluzione alla formazione di condensa, macchie e muffe sulle superfici interne delle pareti.
Nelle sue linee essenziali il sistema d’isolamento a cappotto consiste nel fissare all’esterno delle pareti, tramite collanti e tasselli, dei pannelli coibentanti che successivamente vengono rasati con una speciale colla ed armati con una rete in fibra di vetro prima dell’applicazione finale del rivestimento di protezione per gli strati sottostanti.
Applicazione di un sistema a cappotto in 6 passi:
1) Pannello isolante (generalmente in polistirene espanso sinterizzato). Lo spessore è scelto a seconda delle esigenze di isolamento.
2) Collante e/o tasselli. Servono a fissare i pannelli alla muratura.
3) Rete di armatura in fibra di vetro. Conferisce una adeguata capacità di resistere agli urti e a contenere le tensioni dovute agli sbalzi termici e al ritiro/assestamento dopo l’applicazione.
4) Rasatura. Serve a proteggere, insieme alla rete d’armatura, il pannello isolante.
5) Fissativo. Come in tutte le preparazioni alla finitura serve ad isolare e stabilizzare il fondo, migliorando le condizioni di adesione e compatibilità, prima dell’applicazione del rivestimento finale.
6) Strato di finitura. Può essere di tipo tradizionale, anche come quello preesistente. Ha una funzione protettiva degli strati sottostanti e serve a conferire l’ aspetto esterno dell’edificio. Visto che la crescita di alghe e funghi si può manifestare più facilmente nei sistemi a cappotto, è indicato un rivestimento additivato con specifici prodotti.
Isolante applicato internamente
Un sistema come quello a cappotto sopra citato può essere applicato anche internamente, ad esempio in quei casi dove la facciata esterna rende sconsigliabile o impraticabile l’isolamento a cappotto esterno (ad esempio edifici rivestiti in cortina) , oppure nel caso di appartamenti in condominio, dove l’assemblea è restia a migliorare l’isolamento termico dell’edificio intero. Una diversa soluzione potrebbe essere quella si utilizzare lastre in cartongesso pre-accoppiate a pannelli di polistirene espanso sinterizzato (consigliati almeno 3 cm di spessore) da applicare a colla. Il vantaggio è la rapidità di applicazione e la relativa economicità. Lo svantaggio è rappresentato dalle problematiche appendere oggetti alle pareti (anche se esistono gli appositi stop da cartongesso o la possibilità di usare stop più lunghi che possono ancorarsi alle mura sottostanti), e la possibilità di ottenere fessurazioni lungo le linee di accoppiamento delle lastre che non sempre la retina utilizzata riesce ad evitare. Altre alternative sono i rivestimenti in “perlina di legno” (tavolette con incastri, o maschiature, pre-sagomate) alla quale accoppiare lastre di materiale isolante (sintetico come il polistirene o naturale come il sughero, ad esempio).
Isolante applicato all’interno delle pareti.
Se l’edificio è in costruzione è possibile inserire lastre di polistirene, lana di roccia o materiali naturali vari come sughero, fibra di canapa, lana di legno etc.
In muri già esistenti è possibile inserire dei materiali isolanti sfusi per insufflazione (come sughero, sughero tostato, perlite, polistirolo, etc.) o per pompaggio (è il caso delle resine sintetiche).
Queste operazioni sono generalmente possibili effettuando un reticolo di fori a distanza di circa un metro tra di loro (ma dipende dai materiali) e da li procedendo all’inserimento dei materiali.
I materiali sfusi devono essere leggeri, evitare quindi l’utilizzo di argilla espansa o altri materiali relativamente “pesanti”, a meno di muri di forte spessore. La pressione esercitata alla base potrebbe far cedere il muro nella parte bassa!
Pavimenti
L’intervento è complesso e costoso se riguarda pavimenti già esistenti. Moquette e parquet, considerati il materiale e lo spessore, servono a poco. In tal caso, se i locali sottostanti e gli eventuali proprietari lo consentono, potrebbe essere più conveniente isolare il soffitto di questi ultimi. A tale scopo si potrebbero utilizzare ad esempio lastre in fibra o lana di legno mineralizzata (totalmente insensibili all’umidità e molto stabili e resistenti) di elevato spessore, almeno 4cm (perché isolano meno rispetto ad altri materiali come il polistirene, vedere tabelle in questo sito) o con una controsoffittatura ben coibentata all’interno (che soffre di altri problemi).
Se si sta ristrutturando e si sta mettendo anche mano al massetto, si potrebbero usare massetti premiscelati/alleggeriti con argilla o con altri materiali inerti affogati all’interno, oppure a lastre di polistirene concepite per questo utilizzo (hanno una resistenza alla compressione più elevata rispetto alle normali).
Tetti
Ad un tetto in tegole è possibile applicare sotto di queste dei pannelli preformati in polistirene o altri materiali, con spessore minimo di almeno 5 cm, che volgono anche la funzione di guaina e di sistema di ventilazione sottocoppo, coi vantaggi che questo comporta.
Per tetti a lastricato solare è applicabile la soluzione di quanto illustrato nella sezione pavimenti. Se il lastricato solare non è calpestabile si può anche applicare del materiale semplicemente appoggiato sopra. Tenere presente, se il problema principale è il caldo, che una semplice mano di vernice bianca o argento (ne esistono di speciali e apposite) riduce moltissimo il calore assorbito (e poi ritrasmesso all’interno). Provare per credere.
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