Tariffa elettrica bioraria: il perché di un fallimento
Le tariffe elettriche biorarie sono quelle applicate in modo differenziato a seconda della fascia oraria di consumo. Quelle applicate dall’Autorità garante per l’energia ed il gas (AEEG) sui contratti vincolati, ovvero i contratti per gli utenti “in maggior tutela” non passati al mercato libero, prevedono queste fasce:
– fascia F1, la più costosa, attiva dalle ore 8:00 alle 19:00 dei giorni feriali;
– fascia F23, più economica, attiva nei giorni feriali dalle 19:00 alle 8:00, il Sabato, la Domenica e i giorni festivi.
Per gli utenti del mercato vincolato la tariffazione bioraria è passata da facoltativa ad obbligatoria a partire dal 1/7/2010, per effetto di varie delibere dell’AEEG (principalmente la 56/08).
Nel rendere le tariffe biorarie obbligatorie la AEEG ha specificatamente previsto, oltre ad un’ampia campagna informativa (anche sulle bollette) una gradualità di applicazione.
Questa gradualità consisteva nel applicare tariffe biorarie transitorie per un certo periodo (dal 1/7/2010 al 31/12/2011) con differenze tra le due fasce contenute (non superiori al 10%, di fatto intorno all’8%), in modo da dare tempo agli utenti ad adeguarsi al nuovo sistema senza dover subire troppi danni nel caso in cui le fasce non venissero rispettate.
La stessa Autorità infatti aveva puntualmente avvisato gli utenti che per avere un risparmio significativo in bolletta occorreva concentrare nella fascia più economica almeno i 2/3 dei consumi. Nei mesi precedenti all’entrata in vigore dell’obbligatorietà, venivano a tal scopo inviati con la bolletta prospetti che evidenziavano il consumo dell’utenza suddiviso nelle varie fasce, così che ogni utente potesse rendersi conto di quanto, e soprattutto di quando consumava.
Fatte queste premesse, è interessante andare a vedere cosa è successo dopo il 1 Gennaio 2012, ovvero dal momento in cui il sistema di tariffazione bioraria è andato a regime.
Teoricamente la differenza tenuta transitoriamente bassa fino a Dicembre 2011 doveva subire un innalzamento, raggiungendo quella tra le due fasce della tariffa bioraria “a richiesta” -che ha continuato ad esistere parallelamente a quella “transitoria”-, differenza che nel Giugno 2010 (prima che tutto partisse) era al 30%.
Così non è stato. O meglio, la tariffa che prima era “a richiesta” ha sì preso il posto di quella transitoria diventando così “a regime”, ma nel frattempo la differenza tra le sue due fasce orarie era passata dal 30% all’8,49%. Da quel momento è addirittura scesa al 6,41% (ultimo trimestre 2012) per poi arrivare, ad Aprile 2013 al 7,89, con un solo picco al 13% (secondo trimestre 2012).
Cosa significa tutto ciò? Che la convenienza della tariffa bioraria, con l’entrata in vigore dell’obbligatorietà, è venuta decisamente meno.
Analizzando i dati della borsa elettrica sembra che questo sia dovuto al massiccio ingresso delle fonti rinnovabili nell’orario diurno che avrebbe comportato una diminuzione del prezzo dell’energia in tale fascia, mentre i costi dell’energia prodotta da fonti tradizionali avrebbero subito un forte aumento nelle fasce serali.
Alla fine dei conti, quindi possiamo dire che la bioraria non ci fa risparmiare (*), ed anzi si potrebbe ipotizzare che consumando maggiormente energia nella fascia oraria diurna si costringerebbe il mercato ad abbassare ulteriormente il costo, con ulteriore risparmio e benefici anche in termini ecologici (CO2).
Per concludere, agli utenti diciamo di non stressare più se stessi e i vicini utilizzando lavatrice e lavastoviglie di notte, poiché i risparmi reali sono risibili.
All’AEEG, invece, lanciamo l’invito di tener sotto controllo i prezzi del mercato e non farci perdere i vantaggi acquisiti grazie al forte incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili e di ripensare di conseguenza la tariffazione, magari eliminando la tariffazione bioraria.
(Fonte: Comunicato Associazione Consumatori ADUC)
Commenti recenti